giovedì 13 ottobre 2011

Il posto sbagliato e il momento sbagliato - Parte 3

Avviso:
Questa storia contiene violenza estrema da parte di una donna su un uomo, se questo genere vi da fastidio o semplicemente non vi piace non proseguite con la lettura!


Introduzione

Nelle mie fantasie femdom ho sempre avuto una predilezione per le violenze più estreme e per vittime che non sono consenzienti. Questo esula completamente da quello che deve essere il normale gioco BDSM tra adulti che deve sempre essere basato sul concetto di Sano/Sicuro/Consensuale. Invito chi legge a tenere sempre bene in mente che i miei racconti sono di pura fantasia e non devono mai in nessun modo essere presi ad esempio nella vita reale.
Nel racconto che segue ci sono situazioni di estrema violenza che a molti, anche negli appassionati di femdom, possono non piacere o addirittura disturbare. Se questo è il vostro caso vi invito molto caldamente a non continuare con la lettura.


Capitolo 3

Angela fermò la macchina davanti alla villa. Scese ed andò ad aprire la porticina che dava direttamente nel seminterrato dove aveva il suo attrezzatissimo doungeon. Ogni tipo di strumento di tortura trovava il suo posto sulle pareti e sui tavoli. Era tutto in bella vista così da innervosire gli schiavi che venivano per le sessioni. Tornò alla macchina e, impugnando la finta pistola con cui aveva terrorizzato Giovanni, aprì il bagagliaio.
«Scendi!»
Gli intimò Angela puntandogli la pistola al volto. Giovanni cercò di scendere ma era impedito dai polsi legati dietro la schiena e dalla corta catena che gli univa le caviglie.
«Hai dieci secondi per scendere, poi ti sparo in un ginocchio.»
Sibilò Angela spostando la pistola verso la gamba di Giovanni. Era proprio un'attrice perfetta, forse perché stava interpretando quello che veramente avrebbe voluto poter fare a qualcuno. Giovanni si precipitò come poté fuori dal bagagliaio, finendo di faccia nella ghiaia che ricopriva il vialetto.
«Bravo. Vedi che se vuoi ci riesci ad ubbidire?»
Disse Angela divertita dalla scena.
«Ora alzati se non vuoi essere preso a calci di nuovo. »
Giovanni ci provò ma appena fu sulle ginocchia gli arrivò un tremendo calcio nei testicoli che lo fece accasciare a terra. Angela rise di gusto
«Ti avevo avvisato. Non è forse vero?»
Lacrime di dolore uscirono dagli occhi di Giovanni mentre cercava in tutti i modi di risollevarsi nonostante il dolore. Non voleva rischiare un altro calcio.
«Ora ascolta bene perché ti dirò cosa fare e lo dirò una volta sola. Sai che ti conviene non farmi arrabbiare. »
Angela rivolse a Giovanni con uno sguardo gelido che gli fece ghiacciare il sangue.
«Vai verso quella porta e entra, Io ti chiuderò la porta alle spalle. Ci sono delle scale, scendile. Quando arrivi in fondo entra nella stanza che vedrai di fronte a te. Su uno dei tavoli della stanza ci le chiavi delle manette e delle cavigliere, usale. Quando sarai libero ti dovrai spogliare nudo e mettere i vestiti nel bidone che troverai vicino al tavolo. Appena fatto ti rimetterai le cavigliere e le manette così come sono ora. Poi andrai in centro alla stanza e ti metterai in ginocchio e li aspetterai fino a quando arriverò. Ci sono delle telecamere e controllerò ogni tua mossa. Fai una cazzata e appena entro ti ammazzo. »
Angela fece un cenno con la pistola in direzione della porticina aperta che dava verso il seminterrato della villa. Giovanni si incamminò a piccoli passi con la testa china, cercando di non ascoltare il dolore sordo che continuava ad arrivare dai testicoli. Appena dentro sentì uno schianto dietro di sé. Angela aveva chiuso la porta e la stava chiudendo a chiave. Il rumore della serratura lasciava intuire che non era certo una normale porticina ma piuttosto una ben oliata porta blindata.
Dopo aver chiuso la porta a chiave Angela si diresse in casa soddisfatta. La giornata aveva tutti i presupposti per diventare una delle migliori che avesse mai vissuto. Quel tizio agiva veramente come una vittima inerme e la cosa la stava eccitando come poche altre volte in vita sua. Una volta in casa si diresse in camera sua e accese il monitor collegato con il seminterrato. Il verme era arrivato nella sala delle torture e si stava guardando attorno. Angela scommise con se stessa che la vista degli oggetti di tortura sul tavolo e sulle pareti lo stavano facendo cagare sotto. “Dovrò comprarmi un nuovo sistema a colori e più definito. Voglio poter vedere come sbiancano quando entrano lì dentro.” pensò. Poi si diresse nella cabina armadio dove, oltre ai normali abiti, facevano bella mostra di se un'incredibile varietà di abbigliamento fetish di ogni foggia. Angela guadagnava molto bene con il suo lavoro di pro-dom. I clienti la pagavano profumatamente per essere torturati come meglio aggradava a lei. Poteva sembrare un assurdo ma era così e a lei certo non dispiaceva. Il cliente che l'aveva chiamata per essere rapito e che, a insaputa di Angela, ora stava sul ciglio della strada con una rosa in mano, era stato felice di anticipare ben tremila euro per un intero weekend di torture. Da venerdì sera alla mezzanotte di domenica. -Saranno più di quarantotto ore di inferno, ti avviso.- gli aveva detto lei. -E' quello che voglio.- aveva risposto lui. Angela aveva clienti quasi ogni giorno, che difficilmente però restavano più di un paio d'ore. Pagavano centinaia di euro a testa e Angela viveva molto agiatamente. La casa era perfettamente pulita ed ordinata per merito di uno schiavo che la pagava per l'onore di farle le pulizie vestito e truccato da cameriera. Naturalmente, nonostante il lavoro perfetto, veniva regolarmente punito/a per inesistenti macchie di sporco o per segni sul pavimento che Angela faceva di proposito con la scarpa. Nella cabina armadio Angela prese una camicetta di seta e la fece cadere a terra. Sarà il pretesto per la prossima punizione dello schiavo cameriera. Poi si diresse verso gli abiti fetish e cominciò a scegliere con cura cosa indossare. Tutto sommato il verme aveva pagato fior di soldi e come professionista doveva scendere almeno al compromesso di abbigliarsi come piaceva a lui.


Giovanni entrò nella stanza in fondo alle scale e si guardò in torno. Appena vide le fruste appese alla parete sbiancò e le ginocchia cedettero per un attimo. Dove cavolo era finito? E chi era la pazza che lo aveva trascinato in quel posto? Che diamine poteva volere da lui? Non era certo ricco ne tanto meno famoso. Vide la telecamera in alto ad una parete e si ricordò delle parole della donna. Si mosse quanto più in fretta poté per raggiungere il tavolo e liberarsi le mani. Appena raggiunse il tavolo vide le chiavi, ma appena spostò lo sguardo sugli altri oggetti posti bene in mostra sbiancò come un cadavere. Una serie di innumerevoli strumenti dall'aspetto raccapricciante facevano bella mostra di se. Ne riconobbe alcuni: frustini, canne di bambù e fruste di ogni genere, manette e corde, falli di diverse fogge e dimensioni dei quali anche il più piccolo era ben oltre le dimensioni di un pene “normale”. Sempre più terrorizzato vide un apparecchio dotato di cavi elettrici e sonde, delle rotelle simili a speroni da cowboy dotate di punte lunghe ed acuminate, pinze di varie fogge, spilloni, mollette metalliche e coccodrilli a cui erano attaccate delle catenelle . E, incredibile a dirsi, strumenti che riproducevano fedelmente quelli utilizzati nel medioevo per la tortura dei prigionieri come una morsa per le mani, un bavaglio a pera e ferri per marchiare a fuoco. Appena vide questi ultimi si girò di scatto per guardarsi intorno e... sì, eccolo là: un braciere pieno di carbone, spento ma pronto per l'uso. Giovanni si accasciò a terra disperato con la faccia nelle mani e si mise a piangere. Dopo un po' Giovanni si riprese e si alzò con la ferma decisione di non dare a quella donna spaventosa motivo di infierire su di lui. In quel momento non avrebbe saputo dire se fossero passati uno o più minuti da quando aveva ceduto alla disperazione. Si liberò e si spogliò in fretta e furia, si fissò le cavigliere e le manette ai polsi e di diresse verso il centro della stanza a passi microscopici a causa della catena alle caviglie. Ma prima che ci arrivasse la porta si aprì e Giovanni vide entrare quella donna abbigliata in un modo quanto meno particolare. Sarebbe stata eccitante se Giovanni non fosse stato completamente soggiogato dalla paura.


Angela si era preparata con cura. Non aveva concordato un abbigliamento particolare ma sapeva bene cosa piaceva a quelli come il verme che stava di sotto. Non ne ricordava il nome ma chissenefrega, non l'avrebbe mai chiamato per nome. Dopo essersi spogliata completamente nuda indossò un collant della Wolford che non presentava nessuna cucitura, nemmeno all'inguine, lasciando intravedere, o meglio vedere perfettamente, la fica depilata. Poi indossò un body di latex nero perfettamente lucido, sgambatissimo e dalla scollatura molto generosa. Era uno dei sui preferiti perché accentuava il seno spingendolo verso l'alto come fosse un push-up. Si controllò allo specchio dell'armadio, si sistemò il seno, infilò le dita nella sgambatura per sollevarla al massimo, sistemò lo stretto cavallo del body bene in centro al monte di venere. Ecco il motivo di quelle calze così particolari e costose, il latex avrebbe disegnato le cuciture del rinforzo all'inguine, invece così si formò una piccola piega sulla figa lasciando il resto perfettamente liscio. Inoltre questo collant entrava perfettamente tra le natiche, lasciando che la strettissima striscia di latex del body si insinuasse tra di esse praticamente scomparendo. Qualunque feticista avrebbe avuto un'erezione istantanea nel vederla. Dopo essersi assicurata che il body fosse perfettamente a posto passò a scegliere le calzature. Indossò un paio di stivali a mezza coscia di pelle nera con la punta lunga e affusolata, la suola spessa per dargli rigidità e dodici centimetri di tacchi di metallo sottilissimi, dei veri punteruoli. Gli stivali apunta erano un po' fuori moda ma devastanti se usati per calciare o calpestare uno schiavo inerme, e Angela aveva tutta l'intenzione di usarli abbondantemente. Fin dalla sua prima esperienza con il cugino, prendere a calci uno schiavo era la sua attività preferita. Nessuno dei sui clienti ne aveva mai evitato una buona dose. E qualcuno ne era uscito pure con qualche costola rotta. Completò l'abbigliamento con guantini di pelle senza dita, con borchie a punta sul dorso e sulle nocche. Li indossava solo quando intendeva essere particolarmente dura, ed era proprio il caso di quel giorno. Quindi andò alla console e iniziò a truccarsi sapientemente, aumentando la sua naturale bellezza ma anche accentuando la durezza dello sguardo. Il verme doveva eccitarsi vedendola, ma anche provare paura. Nel monitor dietro di lei, non visto, Giovanni era accasciato a terra e singhiozzava.
Quando fu pronta Angela si diresse nel seminterrato, aprì uno spioncino e controllò cosa stava facendo lo schiavo. Non era pronto. Fantastico! Angela aveva la scusa buona per iniziare a torturare il verme. Aspettò che l'uomo si fosse ri-amanettato ed entrò.
« Allora verme. Cosa ti avevo detto? Cosa cazzo ti fa pensare che non ti faccia pagare la tua disobbedienza? Ma ti insegnerò io cosa significa disubbidire ai miei ordini. »
Angela si diresse a grandi falcate al tavolo, afferrò un manganello da poliziotto. Si voltò verso Giovanni mostrandolo. La regola era quella. Lei mostrava quale sarebbe stato lo strumento che avrebbe usato poi senza trattenersi e se lo schiavo non voleva doveva usare la safe-word. Se non veniva usata allora era il semaforo verde per andarci dura. Perché Angela ci andava solo dura, non aveva mezze misure. Giovanni scosse la testa e implorò pietà. Niente safe-word, splendido.
« Ora ti do la tua prima lezione, cane. »
Angela si diresse verso Giovanni e iniziò una tempesta di bastonate su tutto il corpo. L'uomo cercava di proteggersi come poteva, ma con le mani legate dietro la schiena non poteva fare altro che cercare inutilmente di schivare i colpi che invece lo raggiungevano inesorabili. Dopo un paio di minuti e un numero incredibile di colpi durissimi, Angela si fermò ansimante ed eccitata. Guardò il verme rannicchiato a terra a cui sanguinava il naso e uno zigomo e con il torso che cominciava a chiazzarsi dappertutto di macchie giallastre, preludio dei lividi ed ematomi che sarebbero usciti poi.
« Spero che tu abbia capito che aria tira, altrimenti per te sarà molto dura. »
Detto questo Angela gli rifilò un calcio nelle costole, tanto per gradire. Poi prese una sedia che stava vicino alla parete, la portò davanti a Giovanni e si sedette in modo che i suoi stivali fossero a pochi centimetri dal suo volto. Incrociò le gambe e guardando il manganello che aveva in mano come fosse la cosa più interessante dell'intera stanza iniziò a parlare in modo molto tranquillo.
« Dunque verme, ora ti spiego perché sei qui. E' molto semplice: sono una sadica a cui piace torturare gli uomini e poi, quando mi sono stufata, mi piace ammazzarli nel modo più lento e doloroso possibile. Ora... ti renderai conto che se mi stufo di te sei finito. Quindi è nel tuo interesse non farmi incazzare disobbedendo ai miei ordini. Solo un coglione come te può non capire questo semplice dato di fatto. Ogni disobbedienza verrà punita peggio della precedente e, se mi scoccio del tutto ti torturerò a morte. La regola vale per qualsiasi ordine, senza eccezioni. Prima o poi morirai tra indicibili sofferenze, ma se sarai molto ubbidiente potrai vivere più a lungo. Mi sono spiegata? »
Giovanni la guardava senza parole. Partì un calcio che lo colpì in pieno volto.
« Rispondi coglione! »
Urlò Angela.
« Si, ho capito. »
Disse Giovanni con voce tremante. Un altro calcio lo raggiunse sul naso già sanguinante.
« “Si Padrona” pezzo di merda! »
« Si P... Padrona »
Disse la voce terrorizzata e balbettante di Giovanni. Sembrava tutto vero. Angela era bagnata come lo era stata raramente. Quello schiavo, con la sua aria inerme e disperata, la stava eccitando come non mai. Angela stava già pensando di prenderselo come schiavo fisso, un attore così era un tesoro da tenersi stretta. Ma ora voleva solo pensare a immedesimarsi il più possibile e godersela, nel vero senso della parola.


martedì 11 ottobre 2011


"Non lamentarti e continua a succhiare!" A volte siete così cattive :-)