martedì 27 settembre 2011

Il posto sbagliato e il momento sbagliato - Parte 2

Avviso:

Questa storia contiene violenza estrema da parte di una donna su un uomo, se questo genere vi da fastidio o semplicemente non vi piace non proseguite con la lettura!


Introduzione

Nelle mie fantasie femdom ho sempre avuto una predilezione per le violenze più estreme e per vittime che non sono consenzienti. Questo esula completamente da quello che deve essere il normale gioco BDSM tra adulti che deve sempre essere basato sul concetto di Sano/Sicuro/Consensuale. Invito chi legge a tenere sempre bene in mente che i miei racconti sono di pura fantasia e non devono mai in nessun modo essere presi ad esempio nella vita reale.
Nel racconto che segue ci sono situazioni di estrema violenza che a molti, anche negli appassionati di femdom, possono non piacere o addirittura disturbare. Se questo è il vostro caso vi invito molto caldamente a non continuare con la lettura. 


Capitolo 2

Giovanni si incamminò lungo la strada senza fretta, era in anticipo sull'appuntamento e non aveva fretta di arrivare al ristorante. Anzi era un po' nervoso e giocherellava con la rosa fantasticando su come sarebbe potuta andare tra lui e Mirella. All'improvviso una macchina lo supera e inchioda davanti a lui. Ne scende una bella donna, molto appariscente, inguainata in miniabito di latex nero e lucido, aderente come una seconda pelle. Collant neri e stivali a mezza coscia dalla punta affusolata completavano un abbigliamento a dir poco aggressivo. La donna lo avvicina a passi svelti e, appena fu a un paio di metri portò avanti il braccio che teneva dietro la schiena per puntarli in faccia una pistola. «Voltati, mani sulla testa e apri bene le gambe. SUBITO!» gli urla la donna. Giovanni si mosse lentamente e si mise nella posizione richiesta. «Credo che ci sia un err...» Un calcio improvviso tra le gambe colpì Giovanni che si accasciò lentamente al suolo tenendosi l'inguine con entrambe le mani. La donna gli girò in torno e lo colpì con un secondo potente calcio nello stomaco. «Stai zitto verme!» Giovanni portò un braccio davanti allo stomaco per proteggersi mentre l'altra mano restava a coprire i testicoli doloranti. L'aria non voleva saperne di rientrare nei suoi polmoni nonostante i suoi sforzi per riprendere a respirare. Con gli occhi sbarrati di terrore guardava la donna che gli puntava la pistola e sorrideva soddisfatta. «Ora tu vieni con me e fai il bravino se non vuoi un proiettile in testa.» Giovanni riuscì finalmente a recuperare un pochino di fiato e cercò di parlare di nuovo «Non so chi lei crede che io sia, ma...» Questa volta il calcio arrivò in pieno volto e la solida punta affusolata dello stivale contribuì a rendere il colpo devastante. Giovanni si trovò sdraiato sulla schiena e non fece in tempo a toccarsi il viso che un altro calcio lo colpì al fianco destro facendolo rotolare sulla pancia. Il respiro si bloccò di nuovo e mentre Giovanni annaspava per recuperare l'uso dei polmoni la donna gli si parò davanti. Giovanni vedeva le punte degli stivali davanti ai suoi occhi e vide uno dei due piedi sollevarsi per andare ad appoggiare il lungo e sottile tacco metallico sulla sua guancia.
Angela, ora nei panni di Mistress Pain, guardò l'uomo a terra che si lamentava mentre gli avvitava con forza il tacco nella guancia. Possibile che questo verme flaccido abbia avuto il coraggio di chiamarla per uno dei suoi trattamenti? Un essere così molle da non sopportare qualche calcetto senza afflosciarsi a terra come uno straccio. Com'era possibile che quell'invertebrato lamentoso fosse il masochista che le aveva dato mano libera? “Mmmm... Si lamenta come se non potesse sopportare... però non usa la safe-word e quindi vuole andare avanti. Che sia solo un bravo attore? Comunque cazzi suoi. Ha scelto lui e inoltre mi ha pagata in anticipo come concordato quindi fin quando non userà la safe-word starò ai patti. Gli farò provare come può essere l'inferno in terra.” Guardò Giovanni e notò che il tacco aveva logorato la pelle della guancia che iniziava a sanguinare. La cosa la eccitò e spinse il tacco ancora più forte senza smettere di avvitarlo, strappando a Giovani un urlo di dolore. Parlò con incongrua dolcezza «Mio piccolo verme, ora tu stai zitto e ubbidisci o ti massacro di calci e poi ti ammazzo li dove sei. Ubbidirai?» Giovanni, terrorizzato da quella che ai suoi occhi appariva come una pericolosa psicopatica biascicò da sotto il tacco un «Scì...» . Con destrezza da esperta Angela gli mise un paio di manette ai polsi legandoli dietro la schiena. Quindi gli mise un paio di cavigliere unite da una corta catena. «Di certo ora non scappi più da nessuna parte.» disse ridendo. Andò alla macchina e aprì il bagagliaio, quindi tornò da Giovanni e lo prese per i capelli, costringendolo a rialzarsi come meglio gli consentivano le catene. «Vai alla macchina ed entra nel bagagliaio. VELOCE!» Giovanni si incamminò a piccoli passetti, rischiando più volte di cadere. Arrivati alla macchina Miss Pain gli diede uno spintone facendolo ribaltare dentro il bagagliaio. L'auto era una grossa berlina Mercedes e il bagagliaio poteva ospitare Giovanni senza problemi. Appena fu dentro Miss Pain prese dal fondo del bagagliaio un bavaglio a palla, e glielo ficcò in bocca a forza allacciandolo poi dietro la testa più stretto che poteva. Giovanni si lamentò per il dolore che le cinghie causavano alle labbra ma gli uscì solo un leggero mugolio. Angela sorrise tra se per il buon lavoro e poi colpì ripetutamente Giovanni con dei pugni al volto. I guantini di pelle con le nocche borchiate accentuarono parecchio il dolore causato dai colpi e sul sopracciglio sinistro di Giovanni si aprì un piccolo taglio. Angela si chinò e gli sussurrò nell'orecchio «Se ti sento ancora prima di essere arrivati ti infilo la pistola nel culo e te la scarico dentro. Sono stata chiara?!» Giovanni si guardò bene dal cercare di rispondere con un si e invece annuì, tutto sommato non era un cretino.
Ad Angela piaceva da matti fare la parte della pazza psicopatica e doveva ammettere che come attore quel vermiciattolo se la stava cavando almeno altrettanto bene. Si stava eccitando come poche altre volte in vita sua. Nelle fantasie erotiche di Angela l'abuso su una vittima non consenziente e, sopratutto, non masochista ricorreva spesso e, immancabilmente, l'orgasmo giungeva forte. Ogni volta poi finiva con il pensare “Peccato che sia illegale avere schiavi e torturarli a piacere come ai tempi dei paesi schiavisti. Un vero peccato.” Non si contavano le volte in cui si era masturbata immaginando di rapire e torturare una vittima scelta a caso. E, per ora, questo verme sembrava riuscire a darle almeno la sensazione di realizzare quella sua fantasia. Certo, c'erano stati molti altri che le avevano chiesto un trattamento simile, però nessuno le aveva dato così tanta mano libera. E, in particolare, nessuno era stato un buon attore. Restavano li, a farsi picchiare, inermi o addirittura eccitati, certo non sembravano una vera vittima. Questo invece si comportava proprio come un inconsapevole vittima, preda di una pazza sconosciuta. Le faceva provare dei brividi di eccitazione che non aveva ancora mai provato. Tranne forse quella volta con suo cugino Marco...
All'epoca Angela era ancora una ragazza di soli sedici anni e Marco, a tredici anni, era appena entrato nell'adolescenza. Era primo pomeriggio ed erano a casa da soli perché le loro madri erano uscite insieme a fare shopping. Quello stronzo di Marco le aveva preso una delle Barbie della sua collezione, la sua preferita per giunta. Il cretino le mostrava la bambola e la sfidava a riprendersela, sempre che ne fosse capace. All'epoca lei aveva già un fisico quasi da adulta. Marco invece non aveva ancora iniziato quel veloce sviluppo degli adolescenti e rispetto a lei era un tappo mingherlino. Angela davanti a quella provocazione non ci vide più. Fuori di sé lo raggiunse con un balzo e gli diede uno spintone spedendolo a terra lungo disteso. Marco si mise a frignare mentre lei gli strappava di mano la bambola. Poi, guardandolo dall'alto in basso gli rifilò un calcio nelle costole per vendicarsi. Marco si contorse per il dolore con il fiato mozzo. Angela lo guardò e sentì uno strano calore avvolgerla. Istintivamente si portò una mano all'inguine provando uno strano piacere. Non sapeva ancora cosa stava provando. Con le sue amiche aveva parlato di sesso ma sempre riferito ad atti piacevoli con i ragazzi, non certo al picchiarli. Ma vedere il suo cuginetto contorcersi a terra per il dolore causato da lei la stava eccitando. Senza riflettere lo colpì di nuovo, e di nuovo, sempre più veloce e sempre più forte. Dopo poco stava facendo piovere sul cugino una tempesta di calci. Il fatto di indossare gli stivali che sua madre le aveva da poco regalato, dotati di una discreta e solida punta, contribuiva ad eccitarla ancora di più. Colpiva ovunque le capitava. Ogni parte del corpo non fosse protetta dalle mani di Marco veniva bersagliata. Costole, pancia, volto e sopratutto i testicoli. Colpiva e rideva dei lamenti di suo cugino. Più colpiva e più si eccitava. Più si eccitava e più forte colpiva. Quando si accorse che Marco sanguinava copiosamente da naso e bocca si fermò in preda al suo primo orgasmo. Si sollevò la gonna e infilò la mano nelle mutandine masturbandosi oscenamente di fronte al cugino che piangeva e si lamentava a terra, mugolando e ansimando di piacere Quando si riprese da quel orgasmo esplosivo Marco era ancora li a terra che si lamentava sommessamente, gli occhi e le labbra gonfi come palloni, si teneva le costole respirando a fatica. Angela capì che se voleva farla franca doveva terrorizzarlo. Si chinò su di lui e gli disse «Ora ricorda bene... sei uscito e hai incontrato dei ragazzi sconosciuti che ti hanno ridotto così per rubarti i soldi che avevi in tasca e il tuo cellulare.» Mentre parlava gli frugava nelle tasche prendendogli il telefonino e i soldi. «Se parli ti vengo a prendere e ti sfondo la testa a calci. Mi sono spiegata?» Mise il cellulare di Marco sul pavimento «Fai conto che questa sia la tua faccia...» disse e cominciò a colpire ripetutamente il telefono con il tacco fino a ridurlo a pezzettini. «Allora, mi sono spiegata?» Marco scoppiò in lacrime e si pisciò addosso per il terrore. Certamente non l'avrebbe tradita. Angela, vedendo quale livello di terrore era riuscita ad incutere in suo cugino, si eccitò di nuovo e ricominciò a masturbarsi, guardandolo piangere rannicchiato in un angolo in una pozza di piscio. Fu quel giorno che Angela scoprì il proprio sadismo e il piacere nel provocare dolore e terrore.
Mentre chiudeva il bagagliaio su Giovanni pensò “Speriamo solo che non getti la spugna troppo presto.” Si mise alla guida e partì diretta alla propria villa fuori città.

Continua...

1 commento:

  1. Ottimo seguito, complimenti anche per la correttezza grammaticale.

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